La tradizione gastronomica di Firmo è supportata sia da piatti tipicamente arbëresh, sia da pietanze più propriamente calabresi. Nella cucina firmense, dunque, l’incontro delle due tradizioni vive in perfetta simbiosi, al punto da dar vita a delle combinazioni di pietanze “nuove” sia per l’una che per l’altra cultura culinaria. Il punto d’incontro è, senz’altro, determinato dalla semplicità e dalla genuinità degli alimenti: olio extra vergine d’oliva, pane casereccio, peperoni secchi, legumi, salame, pasta fresca e così via. E proprio la pasta fatta in casa rappresenta un caposaldo della nostra cucina. Basti pensare, per esempio, a quanto sia peculiare (per nome, per manifattura e per degustazione) la nostra beneamata Shëtridhla. Si tratta di una pasta casereccia tra le più antiche che, per altro, è di assai difficile realizzazione.
Nel 1987, presso il celebre ristorante di Roma “Cecilia Metella”, in occasione di un Convivio organizzato dall’Accademia Italiana della Cucina, la Shëtridhla ha avuto il suo meritato momento di gloria. Oggi occorrerebbe farla conoscere e gustare anche nel circondario, pur tenendo in serbo, gelosamente, la tecnica di manifattura. Anche Dromsat rappresenta un primo piatto particolare, di natura povera, che oggi si tende molto a rivalutare, soprattutto nel nostro paese. Firmo rimane, infatti, uno dei pochi paesi in cui è possibile ancora degustare quella sorta di polenta, impreziosita da una salsina leggera e da una manciata di origano.
Anche quelli che altrove sono chiamati maccheroni, e che a Firmo sono, invece, denominati Rrashkatjellë hanno, qui, la particolarità d’essere preparati a mano, con le caratteristiche cannucce, ed accompagnati alle note polpettine (Pulpettinët). Strangulat (gnocchi), invece, vengono realizzati esclusivamente con la farina, senza l’aggiunta delle patate, e sono resi fragranti da un sapiente lavoro di mani. La ricotta secca di pecora è utilizzata per il completamento della pietanza.
La realizzazione dei dolci è legata – anche qui come altrove – alle ricorrenze festive più importanti. A Natale, ad esempio, si suole preparare Pettulat (ciambelle fritte), Cassetellet (cassatelle, variamente ripiene), Kanarikullat (ottenuti dal miscuglio di uova, farina, miele e vino cotto), Giurgiulettë (torrone realizzato con i semi di sesamo). A Pasqua il dolce più diffuso è, senz’altro Tortëna, che può assumere diverse fattezze, a seconda della persona alla quale s’intende donare. La forma a sposa, cosiddetta Nusia, viene regalata, solitamente, alle ragazze da marito, e dovrebbe simboleggiare un buon auspicio per un futuro fidanzamento. Per il matrimonio è prevista, invece, una più nutrita varietà di dolci, tra cui: Viscottet me haniz (una sorta di taralli, impreziositi dai semi di anice, realizzati con una particolare ed elaborata procedura); Viscottinet (taralli zuccherati); Pastettet e Pasta mogliet. Dulcis in fundo abbiamo Mustazzuli (mostacciolo), il cui impasto a base di miele, dopo la cottura, si presenta come un grande rettangolo decorato, ma non particolarmente morbido. Quest’ultimo, in verità, sottende anche un preciso rito che si svolge tra gli sposi e che simboleggia la spettanza dell’autorità all’interno del matrimonio. La scenetta è assai divertente, poiché i novelli sposi, durante i festeggiamenti nuziali, alla presenza di tutti gli invitati, sorreggono il dolce rispettivamente da ciascun lato. Chi per primo riuscirà a spezzare il Mostacciolo (reso abbastanza duro da una grande quantità di miele, nell’impasto) dominerà all’interno della coppia. Tra i dolci che vengono realizzati in particolare al finire dell’estate ricordiamo, invece, Crugettet (fichi secchi, ripieni soprattutto di noci) e Culljacet me minutillet (ghirlande di fichi molto piccoli, di una particolare specie).
Durante tutto l’anno il pane fatto in casa, Bukë spihji, è ancora assai diffuso nelle nostre famiglie, ove si realizzano, inoltre, Pitta (ciambelle di pane schiacciato) e Friselle (Frese). Mentre nel periodo dei morti – che nel nostro rito ricorre a Febbraio e non già a Novembre – le donne preparano ancora Pittë me rrigan (pizza condita con origano e pepe rosso piccante) e le portano alle famiglie in lutto, facendo Pizziudrin (contributo di solidarietà).
La fine dell’estate è anche il periodo più propizio per la preparazione delle varie conserve, quali la Purea di Pomodoro o i Pelati, generalmente dette: buttillet. Senza parlare poi della preparazione dei vari alimenti messi sott’olio, come Kpurdat (funghi), Mulunjianat (melanzane), Ulignët (olive), Kutugnollët (pomodori secchi), ecc.
L’inverno è la stagione, invece, durante la quale le famiglie provvedono a rifornirsi della carne del maiale (nei casi, ormai frequentissimi, in cui questo non venga direttamente allevato), per farne Sauzizzë (salsicce), Supirsata (soppressate), Capkollë (coppa), Pirsuttë (prosciutto), Piftetë (gelatina) e Zingaride. Durante tutto l’anno si possono, ovviamente, gustare degli amabili vini artigianali, e tutte le pietanze sono arricchite dall’immancabile e ormai apprezzatissimo olio d’oliva extra vergine.