A Firmo, nonostante le innumerevoli ed inevitabili ingerenze della lingua italiana, si conserva, ancora oggi, l’uso corrente dell’idioma Arbëresh. L’Arbëresh, com’è intuibile, è cosa ben diversa sia dalla lingua oggi parlata in Albania, sia dalla lingua parlata dai nostri avi al momento della fondazione dei nostri paesi. È chiaro, infatti, che entrambe le lingue hanno subito delle evoluzioni, venendo a contatto con culture e civiltà diverse. La cosa, però, veramente singolare è che detto idioma si è tramandato ai giorni nostri soltanto in forma orale. Una tradizione, vale a dire, che si è tramandata di padre in figlio, prescindendo dalla comunicazione scritta. Ciò, ovviamente, ha determinato un più facile assorbimento di elementi esterni, che sono andati a soppiantare taluni termini originari.
Ma la nostra cultura Arbëresh, se è vero che manca di documenti scritti in lingua, è pur vero che per ciò è ricchissima di forme di comunicazione alternative rispetto alla scrittura. Nelle vicende d’amore tra i nostri avi saranno mancate le lettere, ma è pur vero che non mancavano le serenate (Viershet), attraverso le quali si esternavano sentimenti benevoli e malevoli. La serenata, infatti, non veniva effettuata soltanto per il corteggiamento, ma veniva eseguita anche al momento di esternare il proprio sdegno, in seguito, ad esempio, ad un tradimento.
Un capitolo molto suggestivo è rappresentato, inoltre, dal Costume tradizionale. La non facile realizzazione e la difficile reperibilità dei tessuti rischia oggi di far scomparire completamente quegli abiti che ancora vengono indossati dalle donne molto anziane. Il costume Arbëresh, di cui stiamo parlando, consta di quattro varianti: quello di gala, quello ordinario, quello di lutto e quello delle ragazze in attesa di marito. Il costume di gala è quello più ricco, sia per i tessuti, che per la composizione. È costituito, infatti, da 14 pezzi: due sottogonne (dy sutavesta); una camicia lunga (linja), dal collo ampio e ricamato (miletti); una gonna lunga ed ampia, plissettata e bordata, con applicazioni ricamate in oro bianco (galluni); un’altra gonna azzurra, anch’essa plissettata e bordata in oro giallo, da raccogliere al braccio a forma di ventaglio (coha); un bolerino azzurro, intessuto con fili d’oro, formanti complicatissimi motivi floreali, ed applicazioni d’oro sui bordi delle maniche e sul dietro (xhipuni); le calze bianche (kalluciet t’bardha); le scarpe bianche (kpuct t’bardha); i boccoli di tela bianca per l’acconciatura (miçet); una striscia di tessuto rigido decorato d’oro (keza); ed infine un nastro di velluto nero, con un ciondolo (birlloku); una catenina d’oro (llaci); gli orecchini (riqintë) ed uno scialle rosso, ricamato con fili di seta gialla e nera (pani). Il costume ordinario è, invece, meno sfarzoso. La bordatura della gonna, infatti, è verde piuttosto che d’oro, ed il corpetto è di panno nero, con decorazioni in corda bianca.
Il costume di lutto porta una gonna di lana verde, con bordatura in oro giallo, sopra la gonna rossa.
Kandush è, invece, il costume proprio delle ragazze nubili. L’estrema semplicità di questo abito lo rende quasi brutto: camicia bianca senza decorazioni al collo, gonna nera e bolerino nero. È quasi come se la ragazza in cerca di marito dovesse preservarsi dalla vista degli uomini, per cui l’abito non doveva renderla appetibile. Lo sfarzo, infatti, che a diversi gradi è presente negli altri costumi, è completamente assente in quello delle ragazze “da marito”.
Il rito ecclesiastico è parte caratterizzante della nostra comunità. Dopo l’istituzione della Diocesi Greco-Bizantina di Lungro (1919), alla quale Firmo appartiene, i parroci della nostra Chiesa, pur riconoscendo il primato della Chiesa Cattolica e l’obbedienza al Papa, hanno mantenuto i riti della tradizione Greco-Bizantina. Lo stesso calendario liturgico differisce da quello romano avendo in se peculiarità e festeggiamenti della tradizione Greco-Bizantina. La settimana santa, con tutte le sue corpose celebrazioni è il culmine della religiosità degli Arbëresh. La lavanda dei piedi, la lettura dei 12 vangeli il giovedì santo, la processione dell’Epitaffio il venerdì santo con la recita delle lamentazioni, il mattutino della resurrezione (orate pilas) la notte fra sabato e domenica di Pasqua, l’annuncio della resurrezione (kristi u njiale), sono i momenti salienti e peculiari della settimana santa. Molto caratteristico ed affascinante è il rito del matrimonio, celebrato anch’esso secondo la tradizione Greco-Bizantina che culmina con lo scambio delle corone e con la rottura del bicchiere dal quale si è presa la comunione.
Anche il battesimo è tutto particolare. Lo si fa per immersione nella fonte battesimale e nello stesso tempo si impartiscono anche i sacramenti della Cresima e della Comunione.